L’invasione del Tibet e l’esilio della popolazione: una tragedia dimenticata
La cultura del Tibet, con i suoi valori di tolleranza e non violenza profondamente radicati nella popolazione, è un patrimonio dell’intera umanità che rischia di scomparire per sempre.
La feroce repressione in Tibet e la tragedia del suo popolo iniziò oltre 70 anni fa. Nel 1959 l’Esercito Popolare Cinese completò l’invasione del Tibet iniziata nel 1950, annettendo un territorio vasto come metà dell’Europa e aprendosi la strada in direzione dell’Asia meridionale.
Veniva così annullata la storica indipendenza del Tibet e la possibilità di formare uno “stato cuscinetto” fra l’India e la Cina, le due nazioni più popolose e più in rapida espansione del mondo, entrambe dotate di armi nucleari.


In tutta la millenaria storia del Tibet non si era mai verificata una simila tragedia: si calcola che in questi sette decenni circa 1.200.000 tibetani siano morti a causa della repressione e degli sconvolgimenti sociali ed economici che ne sono derivati: rastrellamenti e uccisione di dissidenti, esecuzioni capitali per reati banali, aborti forzati, lavoro coatto in condizioni disumane, carestie a causate dell’imposizione di metodi di coltivazione decisi a tavolino a migliaia di chilometri di distanza. Le conseguenze sono state peggiori di quelle di una guerra in Tibet.
La questione tibetana ha anche brutali aspetti sociali e culturali: per vincere il radicato spirito d’indipendenza dei tibetani, l’occupazione cinese del Tibet ha messo in atto un programma sistematico di eliminazione di tutti i punti di riferimento della cultura e della religione tibetana che ha portato alla distruzione quasi totale di scuole, biblioteche, luoghi di culto e opere d’arte sacra spesso antichissime, ormai scomparse per sempre.
Tutti ricordano le immagini delle monumentali statue di Buddha distrutte nel 2001 dai Talebani a Bamyan in Afghanistan e le distruzioni di preziosi manufatti assiro-babilonesi ad opera dei fanatici dell’ISIS.
Negli anni ’50 in Tibet non c’erano telecamere e pochissime macchine fotografiche: la devastazione è stata immensamente maggiore ma è passata sotto silenzio perché non è documentata e le poche foto esistenti sono quasi tutte sparite, di solito insieme a chi le ha scattate. La storia è scritta sempre dai vincitori, e solo da loro.
La cultura tibetana non era di carattere tecnologico, ma di tipo umanistico come quella dell’antica Grecia e aveva dato vita a un’incredibile quantità di dipinti, arazzi, statue, templi, monumenti votivi, reliquiari, cripte affrescate in alcune delle quali venivano conservati manoscritti arrivati dall’India più di mille anni fa.

